sabato 10 novembre 2012

Quale futuro nel Digitale?

Se si vuole capire le tendenze digitali, vale la pena di leggere Erik Qualman, autore di "Digital Leader: 5 Simple Keys to Success and Influence" e il fondatore del blog Socialnomics. Qui troviamo alcune intuizioni sul futuro dei social media, e le aziende che guidano l'innovazione digitale.


Il trionfo di LinkedIn. Twitter e Facebook conquisteranno tutta la stampa, dice Qualman - ma fate attenzione a LinkedIn. "LinkedIn prenderà il posto del curriculum di carta e sta andando a dominare il paesaggio," dice. "Guiderà il pool dei talenti nella vostra azienda." Qualman ipotizza che LinkedIn finirà per diventare il punto di riferimento nel votare i migliori datori di lavoro e le migliori università - perché avranno dati esclusivi sulle persone che hanno scelto di lavorare in una determinata azienda e il percorso formativo che li ha portati lì.

Il declino di Facebook. Facebook ha "saltato lo squalo" (jumping the shark)?  Qualman concorda con gli esperti di social media Shel Israel e Doc Searls, convinti che il servizio è sulla sua via d'uscita. "Per Facebook", dice Qualman, "la questione non è se loro vogliono uscire dal mercato, ma quando vogliono uscire". Il social networking sono sempre ricercatissimi in una qualche forma, dice, ma Facebook si è fatto vulnerabile attraverso la sua mancanza di rispetto per la privacy dei clienti. Citando l'articolo Fast Company "La Grande Guerra Tech del 2012" Qualman dice, "Amazon, Apple, Google, Facebook - si può anche escludere LinkedIn - stanno tutti andando verso lo stesso futuro, e che [il cliente] andrà con chi si fida di più. Facebook non è necessariamente simpatico a tutti, e loro giocano su questo". Egli cita anche l'esodo di alcuni dirigenti post-IPO (Initial Public Offering) di Facebook, rendendo più difficile la competizione: "Quando sei al top nella "Valle" (Silicon Valley), sei al top - e quando non lo sei, non lo sei. Molte persone sono lavoro li per guadagnare nel breve termine, e una volta che i dirigenti comprendono il business, non hanno intenzione di fare i loro soldi qui, e sono abbastanza furbi per iniziare la loro società, che può accadere in un istante. Proprio come Google ha perso molti talenti nel tempo ora si vede un esodo di talenti da Facebook."

La precarietà di Google. A differenza di Facebook, Google ha una reputazione molto positiva, dice Qualman: "Si potrebbe dire che sono molto apprezzati. La gente dice, Google è stato così grande, mi offrono strumenti gratuiti, non fanno male a nessuno", ma fondamentalmente, il loro modello di business è un rischio: "Google ha un modello di business molto precario", dice. "Il novanta per cento delle loro entrate deriva dalla ricerca e non ci sono costi di commutazione, quindi se domani ci fosse un migliore motore di ricerca, tutti passerebbero ad esso... Google rende tutti questi soldi perché il loro motore di ricerca sostanzialmente non funziona correttamente, perché se ti elencassero esattamente quello che ti serviva in organico [ricerca], non faresti mai click sull'annuncio a pagamento." Il fallimento di Facebook di sfruttare questa "ricerca sociale", dice Qualman, "è dove Facebook viene meno all'impegno preso."


The Rise of Ratings. Amazon ha avuto un grande successo con i suoi commenti sui prodotti venduti, con le vendite di tendenza (driving sales) e nel rafforzare la fiducia dei consumatori nei loro acquisti. Ma in futuro, il votare (rating) non riguarderà solo prodotti e servizi; influenzando le persone. "Ognuno sta per essere valutato," dice Qualman. "Con Klout, Kred, e LinkedIn, ogni persona avrà un rating. Le raccomandazioni di LinkedIn sono essenzialmente un "pollice in alto / pollice verso" dai tuoi colleghi, capi e dipendenti, ed è importante ricevere ed avere questi voti". Nel bene e nel male, i professionisti dovranno prendere coscienza del loro marchio personale - e l'influenza che lascerà tra le società.

E voi cosa ne pensate?


(post ispirato da articolo apparso su Forbes)

domenica 4 novembre 2012

Think Europe


Anche la più superficiale delle analisi, relativa ai decenni succedutisi tra la seconda metà del XIX° secolo e la prima metà del XX°, ci ricorda che, in quel periodo, si sono verificati – tra l’altro – i seguenti eventi: il nostro Paese è diventato uno Stato unitario; sono scoppiate due sanguinose guerre mondiali; è nata la Costituzione della Repubblica italiana; l’Italia (insieme ad altre 5 nazioni) ha contribuito (con la fondazione della Ceca) alla nascita dell’Unione Europea (U.E.). Sappiamo che - nonostante il travaglio e gli ostacoli di periodiche a mai sopite contraddizioni - gli italiani hanno lentamente imparato a sentirsi un solo popolo, dalle Alpi alle isole. Sappiamo altresì che il merito principale della progressiva conquista di questa coscienza unitaria va attribuito soprattutto alla scuola, unico sistema strutturato cui spetta, per Costituzione, il compito di garantire e controllare il percorso di “formazione” del cittadino. Non possiamo tuttavia nasconderci che, all’interno di questa catena formativa programmata, esista un anello debole: la conquista della consapevolezza di non essere più soltanto cittadini italiani, ma cittadini che vivono e operano in un territorio formato dalle comunità di ben 27 Paesi, diversi per lingua, tradizioni, storia, orientamento politico-amministrativo:l’Europa. Non solo, ma – nonostante la pervasività delle tecnologie informatiche, la diffusione globale di una multimedialità plurilingue e interattiva e l’evidente facilità di trasporto e comunicazione interpersonale tra luoghi reciprocamente lontanissimi – non esiste, in Italia, un’autentica e fattiva presa di coscienza dell’urgenza e necessità di sentirsi – oltreché cittadini italiani, e quindi europei - anche cittadini del mondo.


(“PENSARE EUROPEO” PER ESSERE CITTADINI DEL MONDO, Mariangela  Ranzini  Colombo)